Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia

Il Parco Archeologico Mileto Antica

 

Il Parco Archeologico Mileto Antica.

 

Il parco archeologico medievale che comprende i resti monumentali dell’antica Mileto, la capitale normanna di Ruggero I d’Altavilla, si trova a poca distanza dall’abitato moderno di Mileto. Il sito si estende su un’area di circa 40 ettari e rappresenta il primo esempio di parco medievale in Calabria. La creazione del Parco si deve ad un progetto del 2013, rientrante nell’ambito del POR Fers Calabria 2007-2013 e portato avanti dal Comune di Mileto sotto la supervisione della Soprintendenza ABAP per la Città Metropolitana di Reggio Calabria e la Provincia di Vibo Valentia.

 

Mileto nella storia europea

 

I resti di uno dei centri più importanti della Calabria medievale, scelto da Ruggero I d’Altavilla come capitale della Provincia normanna Melitana, sorgono tra morbide colline di arenaria rivestite di uliveti che nascono alle estreme pendici settentrionali del Monte Poro, poco a sud di Vibo Valentia. Allo stato attuale la città di Ruggero I è un diamante allo stato grezzo, il cui territorio di indagine potrebbe far conoscere origini ben più antiche di quelle bizantine e normanne, con radici che affondano almeno dall’Età del Ferro. L’interesse archeologico per Mileto Antica data già all’inizio dell’Ottocento quando alcuni viaggiatori giunsero alle rovine della città abbandonata dopo il terremoto del 1783 per visitare i resti della capitale normanna. La posizione della cittadina nei pressi dell’antico percorso della via Popilia e della ben più nota e ricca Hipponion-Valentia spinsero anche il grande archeologo Paolo Orsi ad interessarsi ad un possibile passato classico della città che, tuttavia, portò pochissime informazioni sull’epoca ellenica e romana e molte invece sull’organizzazione che ne diede Ruggero I d’Altavilla nel corso dell’XI secolo, tanto da fare diventare l’umile luogo capitale della Provincia normanna Melitana.

Non trovando riscontri classici negli scavi a Mileto, Orsi concentrò le sue indagini sulla collina di Monteverde, a poca distanza dalla città ricostruita, dove sorgono i resti della chiesa abbaziale della Santissima Trinità. Non è però da escludere che a Mileto potesse esistere un piccolo insediamento di epoca romana. Nel 1939, infatti, in una località denominata Cultura del Vescovo, durante dei lavori agricoli, venne individuato un edificio che conservava raffinati pavimenti a mosaico. Il sito della scoperta, situato nella zona periferica della Mileto nuova, risulta distante da quelli che poi saranno gli insediamenti di epoca bizantina e normanna e nessuna ricerca archeologica moderna ha finora cercato di approfondire la presenza di un eventuale nucleo di frequentazione romana. L’ispettore incaricato dall’allora Soprintendenza Bruzio-Lucana, Pellegrino Sestieri, condusse lo scavo di un saggio sul luogo del rinvenimento e questo portò alla luce alcune strutture murarie pertinenti a due ambienti i cui vani presentavano pavimenti decorati in opus tessellatum che, per motivi e colorazioni, sono stati datati tra la seconda metà del I secolo d.C. e la prima metà del II d.C.

L’incuria e i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale purtroppo hanno permesso di conservare di questi pavimenti, presso il Museo archeologico nazionale di Mileto (via Episcopio 15. https://musei.calabria.beniculturali.it/musei?mid=86&nome=museo-statale-di-mileto) solo poche tessere, scarni frammenti di intonaco colorato e residui di suspensurae -elementi laterizi che venivano impiegati negli ambienti termali o riscaldati- che, tuttavia, dimostrano la presenza di una struttura residenziale o produttiva di una certa importanza.

Le vicende di Roma e dell’Impero dovettero determinare anche per Mileto, o qualunque altro nome avesse quell’oppidulum che probabilmente sorse nelle vicinanze della Via Popilia e delle ville rustiche, fasi di sviluppo e fasi di decadenza, di sicuro legate alla tranquillità delle coste tirreniche ma anche alle successive scorrerie di predoni e pirati che, con ogni probabilità, dovettero susseguirsi mano a mano che andava diradandosi l’unità e la stabilità del potere di Roma.

Le indagini archeologiche e gli studi fin qui affrontati non hanno ancora chiarito il momento in cui dovette avvenire un eventuale spostamento della comunità sorta intorno alla o alle ville rustiche nei pressi della Via Popilia ma quel che è certo è che -secondo alcuni studiosi già a partire dal VII secolo d.C., con la riellenizzazione della regione e l’istituzione del ducato di Calabria, secondo altri verso la metà dell’VIII secolo quando ormai la Calabria è di lingua, religione e diritto bizantina, se non ancora più tardi- lo spostamento delle popolazioni dalla costa verso punti interni arroccati o difesi naturalmente da fiumi e valloni avvenne a causa delle continue incursioni arabe che dalla costa si spingevano verso l’entroterra. A partire dal 839 le fonti arabe parlano di una conquista della Calabria da parte degli aghlabidi di Palermo che, a partire dalla fortezza di Amantea si spingono verso sud, con la presa di Tropea nel 851. E’ possibile che, alle falde del Monte Poro, tra Mileto e Tropea, e poco distante dall’oppidulum, fosse sorta una fortezza bizantina a difesa della strada, poi fatta propria dagli arabi tanto da essere citata come M.l.tîah o M.l.tah dal più celebre storico arabo del XIII secolo Ibn-al-Athîr. Non è detto che questa stessa fortezza ebbe parte nella riconquista della Calabria, dopo una ripresa bizantina seguita alla caduta degli aghlabidi, da parte della nuova dinastia fatimide con l’emiro Abū l-Qāsim. Nel 976 la politica anti saracena bizantina di Basilio II si spinge a conquistare Messina con il risultato di provocare la pronta riconquista della città dello Stretto da parte degli arabi e la loro risalita fino a stringere d’assedio Cosenza, riconquistare Amantea nel 970 e spingersi verso il Monte Poro, a poca distanza da Mileto in una cruenta battaglia nel 977. Di lì a pochi anni Mileto rientrerà nella grande storia europea quale protagonista della celebre Battaglia della Colonna che, già identificata con la località di Capo Colonna ma più probabilmente da identificarsi con la località di Columna Rhegina, nei pressi dell’attuale Villa San Giovanni, vide in campo l’Imperatore dei Romani, Ottone II di Sassonia, contro lo stesso emiro fatimide Abū l-Qāsim.

Con la progressiva decadenza delle forze fatimidi e la frammentazione della Sicilia, l’avvento delle Repubbliche Marinare del nord Italia, l’altalenante potenza dei Bizantini, si affacciano sui luoghi delle contese nuove figure che, a partire dagli anni Quaranta dell’anno Mille, diventeranno protagonisti: i Normanni. Sembra che sia stato il comandante bizantino (strategos autokrator) Giorgio Maniace ad assoldare le milizie mercenarie di Guglielmo e Drogone d’Altavilla per combattere gli arabi e i ribelli latini in Calabria e Sicilia. Maniace conquista nel 1040 una parte della Sicilia orientale ma i dissidi interni alle gerarchie militari bizantine lo fanno richiamare in patria tanto da essere arrestato per ordine del Basileus Michele IV. I Normanni, allora, sfrutteranno le debolezze bizantine per attaccare gli stessi bizantini avviando così, da allora e poi soprattutto con l’arrivo del fratello di Guglielmo Roberto Il Guiscardo e poi del loro fratello minore Ruggero, la conquista normanna della Calabria e della Sicilia. Di nuovo Mileto entrerà nella grande storia europea. Strappata ai bizantini nel 1058 Mileto venne donata da Roberto a Ruggero che ne fece il centro della vita politica, civile, religiosa e familiare. Mileto divenne con Ruggero un centro di mercanti e viaggiatori, provenienti dal nord oltre le Alpi, dai porti italiani della costa occidentale, dai mondi bizantino e musulmano a sud (Lindsay), la capitale della provincia Melitana dove Ruggero volle costruire il proprio palatium, fondò la Cattedrale e ne volle la diocesi, istituì la zecca nel 1087 e fino a dare inizio, nel 1063, alla costruzione dell’Abbazia di San Michele Arcangelo e dei Santi Pietro e Paolo, poi dedicata alla Santissima Trinità, consacrata il 29 dicembre 1080 e presto divenuta modello per l’architettura normanna dell’Italia meridionale.

A Mileto nacque e vi fu battezzato l’erede al trono, Ruggero II. Sua madre Adelasia del Vasto, terza moglie del Gran Conte, ebbe la reggenza della Contea di Calabria e poi della Contea di Sicilia fino alla maggiore età del figlio spostando la capitale da Mileto a Messina per poi trasferirla definitivamente a Palermo nel 1112.

La vita di Mileto seguì la storia di altri centri della Calabria con la dominazione angioina e poi aragonese, feudo ricco e popoloso della nobile famiglia dei Sanseverino fino agli albori del Cinquecento quando, sotto gli Spagnoli e assurta a principato, Mileto passò alla famiglia dei Gomez Da Silva, Grandi di Spagna e Duchi dell’Infantado.

Stavano però avvicinandosi i secoli della distruzione, il Seicento e il Settecento, con i disastrosi terremoti che cancellarono Mileto antica e portarono all’edificazione di una nuova Mileto, nella pianura vicina alla grande strada, poco distante da quell’oppidulum romano da cui è partita la nostra storia.

Alle 21,30 del 27 marzo 1638 un violento terremoto, ripetuto poi con una seconda scossa l’8 giugno, colpì la Calabria Centrale tra le province di Catanzaro e Cosenza. 17 centri risultarono completamente distrutti mentre 90 paesi subirono crolli e danni gravi. Nella relazione di Giulio Cesare Recupito si dice che Mileto fu quasi distrutta. La casa vescovile è crollata, quando il vescovo aveva appena varcato la soglia per uscire, sottraendosi così alla rovina. La chiesa dedicata alla Santissima Trinità, ragguardevole per la dignità degli abati, fatta costruire con grande generosità dal conte Ruggero, dopo tanti secoli cadde […]. Le case più piccole accompagnarono la rovina delle grandi […].

Un altro sisma devastante si verificò poco più di vent’anni dopo, alle 6 del mattino del 6 novembre 1659, con una scossa lunga almeno 20 secondi durante la quale crollarono 77 case, 4 frantoi e 5 chiese tra le quali la Cattedrale e l’Abbazia della Trinità.

La città fu ricostruita solo parzialmente e con grande fatica ma un nuovo terremoto accadde il 7 dicembre 1743 e il 1783 determinerà l’abbandono definitivo dell’abitato, ormai non più recuperabile se non come cava di materiale per la costruzione di una nuova città. Il 5 febbraio 1783 iniziò infatti un periodo sismico di più di tre anni che, in meno di due mesi, con le successive scosse del 6 e del 7 febbraio, del 1° marzo e del 28 marzo, ebbe effetti devastanti su almeno 25 paesi della Calabria centrale. A Mileto le scosse del 5 e del 7 febbraio provocarono il crollo della maggior parte degli edifici, mentre il successivo terremoto del 1° marzo aggravò la situazione facendo crollare del tutto la Cattedrale, il palazzo Vescovile, l’Abbazia, numerose chiese e diversi monasteri del circondario. Ormai la città era un cumulo di rovine e gli abitanti furono ricoverati provvisoriamente in baracche di legno.

Il 28 settembre 1784 fu decretata l’edificazione di una nuova città in un fondo del Principe di Mileto detto La Villa del Vescovo, un sito più a valle e più vicino alle strade di comunicazione, inconsapevolmente vicino all’oppidulum romano. La planimetria della nuova città fu disegnata nello stesso anno dagli ingegneri reali Antonio Winspeare e Francisco La Vega (protagonista degli scavi di Pompei ed Ercolano), insieme all’architetto Vincenzo Ferraresi con una razionale pianta di matrice ippodamea dotata di strade larghe e ampi spazi per evitare eccessivi danni da nuovi terremoti.

Il Parco archeologico Medievale di Mileto Antica, primo parco archeologico medievale in Calabria, si estende su un territorio dove, a partire almeno dall’Età del Ferro e comprendendo anche la Mileto romana, bizantina e araba in corrispondenza della città contemporanea, si sono susseguiti insediamenti umani che sono culminati nella rifondazione di Mileto quale capitale della Contea Normanna da parte di Ruggero d’Altavilla nel 1058. Il parco comprende nel suo territorio i due colli opposti con la sella valliva che ospitava parte del paese distrutto dai terremoti del 1638 e del 1783: a occidente era il colle dove sorgevano la Cattedrale e accanto, alle Làmie, il Palazzo di Ruggero poi trasformato in Vescovado e sede del Seminario; a oriente la collina di Monteverde dove sorgono i resti dell’Abbazia della Santissima Trinità. Si tratta di un patrimonio inestimabile, oltre che di archeologia e architettura, anche di biodiversità, naturalistico e paesaggistico, con il valore di presidio all’avanzare del consumo di suolo nonché di potenziale esempio etico e virtuoso per il territorio economico e sociale circostante. 

Le attività di conoscenza e documentazione del Parco

Grazie alle attività congiunte del Comune di Mileto e della Soprintendenza ABAP per la Città Metropolitana di Reggio Calabria e la Provincia di Vibo Valentia, con il contributo dell’Accademia Milesia, dell’Associazione Mnemosyne, del Museo archeologico Nazionale di Mileto e delle Università impegnate negli scavi archeologici, soprattutto grazie all’istituzione del Parco archeologico quale luogo di cultura del Ministero della Cultura, è stato possibile, con gli scavi e le ricerche del passato, recuperare dall’oblio dei secoli e degli sconvolgimenti sismici la memoria dei luoghi, riattivandone una progressiva conoscenza ampliata. Ai primi scavi di Paolo Orsi, nel 1916 e nel 1923, seguirono nuovi scavi solo nel 1995, ancora nati dalla collaborazione del Comune con la Soprintendenza e con l’Università di Salerno. Continuati nel 1999, gli scavi evidenziarono anche il banco d’arenaria bianca che fu spianato per erigere l’Abbazia e nel quale furono individuate due tombe a cassa con loggetta e copertura in mattoni a doppio spiovente e tredici tombe a inumazione semplice, senza corredo, riferibili ad una prima fase dell’impianto cimiteriale; i frammenti ceramici abbracciano una forcella temporale che va dal XII al XVIII secolo. Negli stessi scavi del 1999 è stato messo in evidenza il luogo di alloggiamento del sarcofago di Ruggero all’interno della chiesa nella sua ultima collocazione prima del terremoto del 1783 e prima della rimozione e ricollocazione al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove oggi è esposto.

Tra il 2002 e il 2010 e poi ancora nel 2015 altri scavi, ancora seguiti da Francesco Cuteri, hanno interessato il complesso vescovile e la chiesa cattedrale permettendo di rintracciarne l’impianto e confrontarlo con quello desunto dalle ricerche documentarie di Giuseppe Occhiato, oltre a esplorare il complesso delle Làmie.

Nel 2021 e nel 2022 due piccoli interventi di scavo eseguiti sotto la direzione scientifica della Soprintendenza hanno permesso di indagare uno degli ambienti di servizio del complesso abbaziale della Trinità e alcune strutture relative a una porzione del borgo riportando alla luce stratigrafie e strutture relative alle ultime fasi di vita dell’insediamento. Finalmente, nel 2023, sono state avviate le ultime ricerche da parte dell’Università di Siena con il coordinamento di Claudio Citter e guidate da Cristina La Serra e Fabio Lico. Grazie a queste ricerche e ad un’attenta attività di ricognizione del territorio è stato possibile ottenere un primo rilievo di dettaglio di tutto il sito con documentazione delle strutture che ancora vi si conservano.

 

I nuovi programmi

 

Oggi questo impegno si rinnova attraverso il conseguimento di molteplici obiettivi che, a partire da una maggiore sostenibilità del Parco archeologico quale esempio di buone pratiche da riverberare sul territorio esterno e quale volano per nuovi modelli economici e sociali, si volgeranno all’ampliamento dell’area scavata, sia nel polo abbaziale sia in quello della Cattedrale e del paese antico, nonché al conseguimento della loro piena accessibilità con potenziamento della fruizione universale anche attraverso la redazione di un nuovo Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche, unito alla riattivazione agricola dei terreni a garanzia di una loro costante manutenzione in termini di piena sostenibilità biologica e ambientale.

La continuità della collaborazione con l’amministrazione comunale permetterà di mettere in campo una strategia multilivello di conoscenza, anche attraverso la formazione di un network universitario che

vedrà la formazione, quale primo passo, della Carta archeologica di Mileto, nonché l’impostazione di una strategia di comunicazione basata sul tema: La strada della Storia passa da Mileto.

Allo stesso tempo, al fine di garantire una corretta e sostenibile gestione del sito si attiveranno alcuni partenariati speciali tra pubblico e privato per la riattivazione agricola del territorio quale strumento di corretta manutenzione e cura con produzione di prodotti agricoli di eccellenza peculiari della storia di Mileto (olio, vino, grano tra gli altri) capaci di stimolarne anche una sostenibilità economica per l’autosufficienza del Parco archeologico.

 

Informazioni utili

 

Il Parco archeologico Medievale di Mileto Antica si trova lungo la Strada Provinciale n° 10 che collega Mileto all’Autostrada A3 (a circa 12 km dallo svincolo “Mileto”) ed è a circa 30 minuti di auto a sud di Vibo Valentia.

Il Parco è visitabile gratuitamente, grazie ad un accordo tra la Soprintendenza ABAP Reggio Calabria-Vibo Valentia e il Comune di Mileto, sia durante manifestazioni ed eventi segnalati sulla pagina IG mileto_parcheo e su quella FB Parco Archeologico Medievale di Mileto Antica, sia su prenotazione inviando una mail all’indirizzo: sabap-rc.mileto@cultura.gov.it

 

https://www.instagram.com/mileto_parcheo/

https://www.facebook.com/share/1C4ceE9atj/

 

 

 

L'ambiente del chiostro venuto alla luce con i recenti scavi

Immagine 2 di 11

Ultimo aggiornamento

7 Agosto 2025, 11:19